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Stories

Le auto icone del Sol Levante

di Francesco Neri
16-Gen-2023

Quanti di voi, cresciuti a pane e Gran Turismo sui Playstation, hanno un debole per le sportive giapponesi? C’è qualcosa di così affascinante nel loro pragmatismo, nella loro tecnica, nel loro design così marcatamente nipponico e votato alla funzionalità. Le vetture del Sol Levante hanno sempre emanato un’aura esotica e molto distante da quella delle sportive europee (e ancor di più americane).

Il loro fascino poi à alimentato dal mondo delle competizioni, del tuning e del drifting, che da sempre ha fatto parte della cultura automobilistica giapponese. Basta pensare alle loro sportive iconiche Anni ’90, come la Supra, la Skyline e la Mazda RX7 (guarda caso protagoniste del film Fast & Furious): auto di serie dalla potenza relativamente modesta, ma nate per essere elaborate con estrema facilità. Stesso discorso vale per le più piccole auto Honda con motori V-TEC, elaborate da Amuse e Spoon e rese delle vere e proprie auto da corsa omologate. E poi c’è il mondo della rallyste: Subaru Impreza, Toyota Celica e Corolla, Mitsubishi Lancer, e la meno famosa Nissan Sunny. Il Giappone ha costruito auto sportive incredibili, e continua a farlo. Ma noi vogliamo rendere omaggio alle vetture più iconiche, più rappresentative, quelle che sono conquistate un posto di diritto nell’Olimpo delle auto sportive e che sono rimaste impresse nel cuore degli appassionati.

Mitsubishi Lancer Evolution

Solo “Evo” o “Mitsu”, per gli amici. La Mitsubishi Lancer Evolution è una vera auto da rally omologata. Nata nel 1992 e prodotta fino al 2016, l’auto si “evoluta” fino a contare ben dici generazioni, e i modelli Evolution fino al V erano la base della vettura da rally con la quale Mitsubishi correva correva nel  mondiale rally, con cui ha vinto 4 volte dal 1996 al 1999. Dotata di una linea pulita e funzionale, la Evo era dotata di trazione integrale, di un quattro cilindri 2.0 turbo e una potenza che andava dai 250 Cv della Evo 1 ai 300 della Evo 10. Eterna rivale della Subaru Impreza, la Evo risultava più dura e pura e grazie ad un assetto più incisivo e “professionale”.

Subaru Impreza WRX STI

Nemica giurata delle Evo e anch’essa prodotta dal 1992 al 2016 (in Giappone è rimasta in produzione più a lungo) l’Impreza gode della stessa fama di rally replica, ma la sua colorazione blu con i cechi oro e il suono del suo quattro cilindri boxer turbo la rendono più esotica e riconoscibile.
Rispetto alla Mitsubishi, l’auto ha un comportamento più sovrasterzante in uscita di circa ma è più riluttante nell’inserimento, ma le prestazioni sono equivalenti. L’Impreza però è cambiata di più nel corso delle generazioni, il motore è passato dai 2,0 ai 2,5 litri, mentre una delle ultime generazioni ha assunto la forma della compatta sportiva, per poi tornare alla “classica” tre volumi.

Toyota Supra

La prima Toyota Supra (serie A80), in Italia, è una vera rarità. Quest’auto però è un vero e proprio mito tra le sportive giapponesi (e tra gli appassionati di Tuning), mito alimentato dai videogames e dai film cult come Fast & Furious. Trazione posteriore, motore 3,0 litri turbo “GTE” capace di erogare 320 CV a 5.600 giri/min e 428 Nm di coppia massima a 4.000 giri/min.

Honda S2000

L’Honda S2000 è un’auto invecchiata come il vino. La pulizia delle sue linee l’ha mantenuta fresca e attuale nel tempo, ed è ambitissima nel mercato dell’usato, anche se è . Anche qui la ricetta è semplice: trazione posteriore, peso leggero e un superbo cambio manuale; ma al posto di due turbine troviamo un 2.000 cc V-tec aspirato da 240 CV capace di 9.000 giri. Non è un’auto semplicissima da guidare (il passo corto richiede attenzione), ma l’allungo da moto e il baricentro così basso rendono la guida estremamente appagante.

Nissan Skyline R 34

La Nissan Skyline R34 è l’evoluzione massima del modello, prima dell’avvento della GT-R del 2008, un modello diverso e visto come “meno puro” dai fanatici delle Skyline. Alla fine degli anni ’90 l’auto risultava davvero all’avanguardia: motore sei cilindri in linea di 2,6 litri biturbo da 340 CV, trazione integrale con ruote posteriori sterzanti e sistema di controllo elettronico della trazione avanzato (Advanced Total Traction Engineering System for All: Electronic Torque Split). Ha vinto tutto il vincibile nelle gare di turismo giapponesi e, come la Supra, è diventata famosa anche fuori dal Giappone grazie ai videogames e al cinema. Purtroppo esiste solo con la guida a destra…

Honda NSX

L’Honda NSX originale (non quella ibrida moderna) è un’altra “immortale” del lotto. Montava un motore V6 aspirato 3,2 litri centrale, trazione posteriore, telaio in alluminio e sospensioni da corsa. Non solo, Ayrton Senna ha contribuito alla messa punto del telaio e dell’assetto, tanto che il setup dell’auto era fin troppo estremo per i piloti meno esperti. Tradotto: era marcatamente sovrasterzante in ingresso di curva. Tutto ciò ha fomentato l’hype attorno alla supercar di casa Honda, trasformandola in una vera e propria leggenda.

Toyota E86 Sprinter Trueno

La Trueno è un’altra portabandiera del “giapponesismo” automobilistico. merito anche del famoso manga“Initial D”, che vede come protagonista un ragazzo asso del drift che guida proprio una Toyota AE86 Sprinter Trueno. La Trueno è una sportiva squadrata anni ’80 (1983), con soluzioni tecniche davvero sofisticate per essere un’auto dell’epoca: monta un motore 4 cilindri aspirato con doppio albero a camme a iniezione da 130 CV e 150 Nm di coppia, una potenza modesta, ma sufficiente per divertirsi. La trazione ovviamente è posteriore, con tanto di differenziale autobloccante.

Lexus LFA

La Lexus LFA è la più giovane di questa lista, ma appartiene già ad un’era passata (pre downsizing) che le conferisce, di fatto, il titolo di icona giapponese degli anni ‘2000. La supercar Lexus è una vera e propria bestia selvaggia, spinta da un incredibile propulsore 4,8 litri capace di 560 Cv a 9.000 giri (!) montato in posizione anteriore-centrale, con trazione posteriore dotato di schema transaxle (cambio un automatico sequenziale a 6 marce montato in blocco sul differenziale posteriore) il che le consentiva una distribuzione dei pesi 50/50.