È un’ibrida plug-in, ma non come le conosciamo. Benvenuti nella nuova era delle Supercar: auto sportive che sfruttano la potenza elettrica per le privilegiare le prestazioni piuttosto che l’efficienza.
È abbastanza probabile che non siano molti gli acquirenti di supercar interessati all’efficienza in termini di carburante e che siano più attratti dalle prestazioni.
Tuttavia supercar ibride a benzina ed elettriche come la McLaren Artura e la Ferrari 296 GTB stanno rapidamente dimostrando che l'elettrificazione parziale può migliorare questo particolare categoria.
Ma sarò sincero, non avevo grandi aspettative per la McLaren Artura: non per la sua natura ibrida, sia chiaro, ma perché dopo aver aver provato la 720S (adesso 750S, la top di gamma), credevo che nessun’altra McLaren mi avrebbe più soddisfatto. Spoiler: mi sbagliavo.
L’Artura si presenta come la prima vettura ibrida (di serie) della Casa di Woking, nonché la prima ad adottare un V6, un motore che non ha certo il fascino del V8 delle altre sorelle. La formula plug-in, come dicevo, è interessante: l’abbiamo vista utilizzare con maestria da Ferrari con 296 GTB, e diavolo se ci è piaciuta. L’impiego del motore elettrico in entrambe le auto serve per fornire più potenza al motore (sì, vi fa viaggiare anche in elettrico), ma, cosa più importante, non toglie nulla, anzi aggiunge solo, al piacere di guida.
INDICE |
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Una McLaren tutta nuova |
Il primo V6 |
Un ambiente familiare |
L'ibrido al servizio delle prestazioni |
Verdetto |
Esteticamente l’Artura non è tra le McLaren più estroverse, ma è più armoniosa della 570S, e forse anche più elegante. Al posteriore troviamo un disegno dei LED minimale e i gruppi ottici anteriori sono, passatemi il termine, meno “sorridenti”.
La sagoma familiare però nasconde un’auto completamente nuova.
Partiamo dal telaio, che vanta una nuova vasca in fibra di carbonio con parti in alluminio, rigida e leggera, e accoglie uno schema delle sospensioni a quadrilateri all’anteriore e un più semplice multilink al posteriore.
Le sospensioni sono delle “più comuni” adattive a controllo elettronico, quindi non sono complicate come quelle della 720, ma la novità che preferisco è la comparsa di un vero differenziale autobloccante meccanico, sempre a controllo elettronico (e-diff), che rende il posteriore decisamente più “sincero”.
Essendo ibrida, l’Artura si porta appresso 140 kg extra di batteria e motore elettrico, ma grazie alla leggerezza del telaio pesa solo 50 kg in più della 570S e ferma l’ago della bilancia appena sotto i 1500 kg in ordine di marcia. Un risultato straordinario.
Il passo poi è stato accorciato di 3 cm rispetto alla 570, con grande vantaggio in termini di agilità. Insomma, i tecnici hanno lavorato di fino, mettendo il piacere di guida, come sempre, al primo posto. Ovviamente è stato mantenuto anche il servosterzo idraulico, fiore all’occhiello della casa di Woking, che garantisce un feeling unico e che comunica tutto quello che accade sotto le ruote.
Ma arriviamo al cuore dell’Artura, il nuovissimo V6 ibrido plug-in. Si tratta di un 3,0 litri biturbo da 120 gradi con le turbine posizionate all’interno delle bancate: da solo eroga 585 Cv, a cui si aggiungono 95 Cv elettrici per un totale di 680 Cv. I 95 Cv sono tutti disponibili solo per 15 secondi di fila, ma vi sfido a tenere il piede sull’acceleratore per un lasso di tempo così lungo, almeno su strada.
La batteria da 7 kWh garantisce un’autonomia di circa 30 km, davvero niente male, ma soprattutto non si scarica mai (il motore termico si occupa di tenere sempre almeno un 5-10% della carica) in modo da disporre sempre di tutta la cavalleria. Si può anche caricare alla spina, ovviamente, ma è necessario solo se volete usare da subito l’auto in elettrico per il maggior tempo possibile, e, sinceramente, non credo sia così. In elettrico l’Artura raggiunge i 130 km/h senza chiedere aiuto al motore termico, il che può essere un plus per chi ama passare inosservato e soprattutto inascoltato.
Anche il cambio è tutto nuovo: un doppia frizione a 8 rapporti impeccabile nelle logiche di cambiata e fulmineo come ci si aspetta da una Mc.
Arriviamo alle prestazioni: l’Artura scatta da 0 a 100 km/h in 3 secondi netti e passa da 0 a 200 km/h in 8,3 secondi, con una velocità di punta di 330 km/h.
Alzare la portiera a forbice e calarsi nell’abitacolo di una McLaren è sempre emozionante. L’abitacolo è pulito e ordinato, con un volante privo di tasti e un’aura da studio dentistico (nel senso positivo) che mi piace molto. Non c’è niente che vi distragga, tutto è a portata di mano, o quasi. Ancora non capisco perché gli specchietti si regolino con un pulsante nascosto sotto il piantone dello sterzo, a destra, ma probabilmente perché gli inglesi guidano dalla parte sbagliata.
È anche piuttosto comoda per essere una supercar. La visibilità è eccellente e gli ammortizzatori in “comfort” sono sorprendentemente soffici.
Come sempre, abbiamo tre modalità di guida per l’assetto e tre per il motore e il cambio, abbinabili a piacimento. Sulla strade di montagna ho quasi sempre tenuto le sospensioni nella taratura più morbida, così da avere un po’ di (rassicurante) rollio e sentire meglio il limite dell’auto, mentre per il motore ho preferito Sport e Track.
In ogni caso, in tutte le modalità (eccetto Electric) i motori lavorano all’unisono per fornire il massimo delle prestazioni.
McLaren ha anche scelto di non utilizzare la frenata rigenerativa, così da non compromettere il meraviglioso feeling dei freni carboceramici.
La McLaren descrive il ruolo del motore elettrico come un “riempitore di coppia” che colma il vuoto iniziale del motore a benzina a bassi regimi per offrire una maggiore accelerazione e poi diminuire man mano che i regimi aumentano, dando priorità alla spinta turbo fino alla linea rossa.
E vi dirò una cosa: funziona in modo eccezionale.
In ciascuna delle tre modalità ibride il motore risponde in modo mostruoso ma senza soluzione di continuità agli input aggressivi dell'acceleratore.
Non ci sono interruzioni quando il motore elettrico "entra in gioco" perché è sempre presente, aggiungendo fino a 225 Nm ai già impressionanti 585 Nm di coppia del V6.
Questo si traduce in una spinta violenta e istantanea fuori dalle curve, in grado di mettere a dura prova i Pirelli P Zero Corsa posteriori, nonostante il differenziale elettronico (e-diff) della McLaren faccia del suo meglio per distribuire la coppia sull'asse posteriore.
Il retrotreno comunque è sincero e comunicativo, e l’auto infonde così tanta fiducia da invogliarvi a giocare sin da i primi km; il che è stupefacente.
Il motore ha una coppia tale che potete cambiare 2.000 giri in anticipo e andare comunque come delle schegge senza per forza toccare gli 8500 giri. Intendiamoci, il V6 è altrettanto felice di girare fino alla linea rossa, ma con l’avvicinarsi del limitatore la spinta cala un pochino.
Lo sterzo dell'Artura e i freni carbo-ceramici sono entrambi meravigliosamente calibrati, giustificando la decisione della McLaren di mantenere l'assistenza idraulica dello sterzo ed evitare il recupero di energia in frenata. Compito, quest’ultimo, che spetta al motore a benzina: la ricarica avviene sia in fase di rilascio sia durante le applicazioni parziali dell’acceleratore (quando non si chiede piena potenza), un’operazione di cui proprio non ci si accorge e che permette alla batteria di rimanere sempre carica.
Il vero punto forte di questa Artura è che non scende a compromessi: l’ibrido non toglie niente al piacere di guida, anzi, aggiunge solo “forza” a un motore già incredibile, offrendo anche un plus nell’uso di tutti i giorni.
Non avrà la spinta forsennata agli alti regimi del V8 della 750S, ma offre prestazioni più accessibili. Aggiungerei anche che le sospensioni più semplici e l’aggiunta di un autobloccante rendono la guida più facile e intuitiva, a patto che vogliate esplorare il limite di un mostro simile.
Lunga vita alle ibride plug-in ad alte prestazioni.
Prezzo 246.000 euro (circa).