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News

Dune Buggy: la storia e la prova del mito americano

di Francesco Neri
14-Mar-2024

La Dune Buggy è un’icona automobilistica: un oggetto di divertimento più che un mezzo di trasporto, ma anche un simbolo che evoca immediatamente le spiagge di Miami, i Beach Boys, e perché no, Baywatch e GTA Vice City (per chi è nato tra gli anni 80’ e 90’).

Di fatto, la nascita della Buggy ha una forte connotazione americana.

Fin dagli anni '20 e '30 i giovani che vivevano sulle coste degli USA erano soliti assemblare pezzi di mezzi agricoli e rottami di vecchie Ford T per costruire veicoli capaci di viaggiare sulle superfici sabbiose. Questi mezzi erano caratterizzati da ruote larghe e tali scoperti, con i primi prototipi che addirittura erano dotati di grossi tini di legno (delle botti) al posto delle ruote.

Con il passare del tempo, grazie anche ad un aumento della potenza dei “rottami”, le Dune Buggy negli anni '50 e '60 cominciarono a prendere forma su telai di automobili modificate, prive carrozzeria, spesso equipaggiate con potenti motori a 8 cilindri.

Ma la vera svolta fu l’arrivo dei Maggiolini Volkswagen negli Stati Uniti. La trazione e la leggerezza dei Maggiolini era perfetta per le superfici sabbiose, così cominciarono a rimuovere la carrozzeria e a montare grossi pneumatici poco gonfi, così da ampliare la superficie della gomma e generare più presa.

Questa conversione delle Volkswagen rese il fenomeno delle Dune Buggy ancora più popolare, nonostante fosse un mezzo limitato all’utilizzo sulle dune.

Il Dune Buggy Meyers Manx

La svolta avvenne con l’idea di Bruce Meyers: fu il primo a dotare di carrozzeria ai grezzi telai usati per saltare sulle dune. Il suo modello "Manx" del 1964 ha contribuito a plasmare l'immaginario collettivo delle Dune Buggy, con il motore esposto, le gomme larghe, i fari esterni e le fiancate scavate “a onda”,  senza cofano e portiere.

Grazie anche al clima “ribelle” degli anni ’60 il fenomeno Buggy esplose rapidamente e in breve tempo diversi costruttori imitarono l'idea di Meyers, offrendo principalmente kit di montaggio per modificare Maggiolini in pensione.

Alla fine degli anni '60, le Dune Buggy circolanti negli Stati Uniti superavano le 20.000 unità e i primi modelli cominciarono ad essere esportati anche in Europa, ottenendo un rapido successo.

Anche in Europa, grazie alla semplicità di costruzione e alla disponibilità delle componenti Volkswagen, i costruttori di kit per queste vetture si diffusero, specialmente in Inghilterra e in Italia. Le Dune Buggy, nei primi anni '70, sostituirono rapidamente le spiaggie locali e divennero un fenomeno di moda, che si affievolì verso la fine del decennio.

Motore e caratteristiche

Il motore delle prime Dune Buggy era custom: spesso erano V8 americani, ma dipendeva tutto dalle parti scelte dal loro "creatore”. Le versioni ufficiali Manx, invece, montavano un 4 cilindri da 1.2 da 41 Cv di potenza sufficiente a lanciare il veicolo fino a 140 km/h di velocità massima. Lo scatto da 0 a 100 km/h era piuttosto lento, circa 18 secondi.

Al volante della Dune Buggy

Anni fa durante una vacanza in Croazia (Isola di Hvar) ho noleggiato una Dune Buggy per curiosità. È un mezzo che mi ha sempre affascinato, una specie di Gokart capace di affrontare sterrati e sabbia, con il plus di una carrozzeria totalmente aperta. Le sue dimensioni poi la rendono molto giocattolo e poco macchina, invogliando a cercare strade non asfaltate per il puro gusto di percorrerle. La versione che ho noleggiato montava una bicilindrico dalla potenza davvero esigua, tanto che per cercare un sovrasterzo (sulla sabbia, sia chiaro) dovevo dare pestoni sul gas e sudare sette camicie.

Lo sterzo è vago e impreciso, ma ricco di feedback, mentre la frenata (priva di ABS) è appena sufficiente a farla rallentare.

Le gomme hanno così poco grip che il bloccaggio arriva facilmente, anche con poca pressione sul pedale. ogni rallentamento poi faceva virare l’auto verso sinistra, proprio in direzione della corsia opposta. Molto poco rassicurante. Probabilmente il mio esemplare non era nelle migliori condizioni, ma mi sono divertito moltissimo. Derapare sullo sterrato con un giocattolo così piccolo e leggero è galvanizzante: trasmette un grande senso di libertà e di avventura, e non riesco a immaginare niente di meglio con cui viaggiare sulla coste sabbiose. Magari con un po’ di potenza in più e una convergenza adeguata.