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Stories

La 24 Ore di Le Mans vissuta a bordo pista: il nostro racconto

di Francesco Neri
19-Giu-2024

Ho visto il Dunlop Bridge migliaia di volte nella mia vita: nei film, nei simulatori di guida, in televisione, ma sempre seduto comodamente sul divano di casa. Quel ponte iconico che si erge in cima alla prima chicane del Circuit De La Sarthe lo conosco benissimo, ma mai mi è capitato di attraversarlo di persona, con le auto che sfrecciano letteralmente sotto i miei piedi. Mai fino a oggi.

Ho sempre desiderato vedere la 24 Ore di Le Mans dal vivo, e grazie ad Alpine, che da quest’anno partecipa al WEC (Campionato del Mondo Endurance di cui Le Mans è tappa) nella classe Regina delle Hypercar, finalmente ne ho l’opportunità. Sei giorni spesi in pista tra piloti, tifosi, eventi, colleghi e amici; ma soprattutto, immerso nel rombo dei motori che squarciano l’aria.

Non vi racconterò nel dettaglio com’è andata la gara (se siete appassionati di motorsport probabilmente lo saprete, mal nel caso vi lascio il link con gli highlights della corsa) ma voglio fornirvi un affresco di quella che è Le Mans vissuta a bordo pista, immersi nella sua magica atmosfera.

Il circuito

Il tracciato si trova a Sud della cittadina di Le Mans, un comune francese di 145.000 abitanti, situato nella regione dei Paesi della Loira. È composto in parte dal circuito permanente Bugatti (dove corre la Moto GP) e in parte da strade pubbliche chiuse al traffico, con guard rail, cordoli e tutti i provvedimenti di sicurezza del caso. Si estende per circa 13 km, pronti ad accogliere 63 auto e quasi 190 piloti per la gara più prestigiosa del pianeta, giunta alla sua centounesima edizione.

Per chi non lo sapesse, nel WEC corrono più categorie di auto contemporaneamente: le GT, derivate dalle auto stradali; le LMP2, prototipi con motore V8 senza una Casa automobilistica alle spalle; e le Hypercar, che sono prototipi (quasi tutti ibridi) portati in pista dai Costruttori e che lottano per la vittoria assoluta.

Provo una certa emozione nel varcare i cancelli di questo circuito. È un tempio, un luogo di culto impregnato di storia automobilistica. Quando lo percorri nei videogiochi non riesci a dargli una collocazione spaziale precisa, ed è magico vedere per la prima volta dove sono situate la ruota panoramica e la “torre” del paddock, proprio a pochi chilometri dai centri commerciali e dai negozi della città.

La prima cosa che colpisce è lo spazio enorme che occupa il tracciato: si trova in mezzo a una distesa verde di parcheggi, contornata da un piccolo aeroporto situato proprio dietro il rettilineo principale, dove decollano jet privati in continuazione.

Tutto attorno ci sono tende di campeggiatori che si estendono a vista d’occhio, con tanto di TVR Sagaris, Lotus, e supercar di ogni tipo parcheggiate accanto ai barbecue.

atmosfera magica

La 24 Ore di Le Mans è una gara per appassionati veri e lo si percepisce in ogni istante. Non c’è lo stesso glamour che si ritrova in un Gran Premio di Formula 1, o meglio, lo si avverte in misura minore: si respira più passione per le auto e meno “tifo da stadio”. Si cammina in mezzo alle auto, ai piloti, ai motori.

È una vera e propria fiera, con decine e decine di stand di gadgets, chioschi di birra, hot dog, ostriche e champagne.

Ci sono store dedicati a ogni team, un mega pub all’aperto con musica a ogni ora, un “baracchino” Rolex (nel caso vi venga la voglia irrefrenabile di comprarne uno durante la corsa) e uno spazio dedicato alle vetture a idrogeno (tra cui l’Alpine Alpenglow) e alle tecnologia per la mobilità. Si possono acquistare riproduzioni di caschi in miniatura, modellini di ogni vettura da corsa immaginabile, e abbigliamento di ogni tipo, tra cui quello di Michel Valliant, Steve McQueen, o dell’iconico sponsor Gulf che ha fatto la storia di Le Mans.

Camminando per il paddock si è costantemente pervasi da odore di barbecue, musica, e dal suono dei motori. C’è sempre qualcosa da guardare in pista, che si tratti di prove libere o gare di contorno, come la Road to Le Mans o la Fun Cup dei maggiolini.

Il museo e la parata

Se siete a Le Mans non potete perdervi il museo e la parata dei piloti in città. Il primo è all’interno del circuito e ospita reliquie interessanti e, naturalmente, le auto che hanno scritto la storia di questa gara. C’è davvero di tutto: dalla storica Chenaud & Walcker U3 della prima edizione del 1923, passando per le Porsche 550 Spyder, Ford GT40, Porsche 917 e 963, Mazda 787B, Jaguar XJR9, fino alle più recenti Audi R8, R18, Pescarolo e Toyota.

Impressionante anche la sala circolare che mostra tutte le auto che hanno partecipato nel corso di 101 anni sotto forma di modellini, da perderci una giornata.

Ancor più impressionante è la parata in città, un vero e proprio carnevale variopinto con migliaia di persone pronte a festeggiare questo evento motoristico.

È davvero una festa sentita, qui a Le Mans, una sorta di Palio di Siena, ma con cavalli diversi.

Qui sfilano tutti i team, con i piloti rigorosamente in tuta da corsa (con sponsor in bella vista) seduti sulle auto più disparate, quasi sempre cabrio, impegnati a lanciare gadgets di ogni sorta. Il tutto accompagnato da moto, supercar, auto storiche, motori che sgasano sbattendo al limitatore, e musica a tutto volume. Un pomeriggio di caos, coriandoli, bandierine, auto e piloti.

Il pre-griglia e le auto

La festosità e la spensieratezza della sfilata lasciano spazio alla tensione e al nervosismo del giorno della gara. È una tensione palpabile quella che si disegna sul volto degli addetti ai lavori, e non parlo solo dei piloti. Qui ci sono tutti i personaggi che contano: dai team principal di Formula 1 (tra cui Frédéric Vasseur di Ferrari e Bruno Famin di Alpine) ai vari presidenti delle Casa automobilistiche. Le Mans è una gara che tutti vogliono vincere, perché se vinci il campionato del WEC fai la storia, ma se vinci qui a La Sarthe entri nella leggenda. E sulla griglia di partenza, un’ora prima della gara, le leggende si sprecano.

Passeggiando tra le auto disposte a lisca di pesce (come partivano una volta) e in mezzo alle migliaia di persone, ho incrociato personaggi del calibro di Jacky Ickx (6 volte vincitore di Le Mans), Tom Kristensen (9 volte campione), Jenson Button, Mark Webber, Sebastién Ogier e addirittura Richard Hammond di Top Gear.

Mi siedo sul muretto, respiro quest’aria, mi godo il momento. È un’edizione speciale, quella di quest’anno. Mai così tanti costruttori hanno partecipato al Le Mans nella Classe Regina: Porsche (che parte in pole position grazie a un giro mostruoso di Kevin Estre), Alpine, BMW, Ferrari, Lamborghini, Peugeot, Isotta Fraschini, Cadillac, e Toyota, quest’ultima considerata la favorita per la vittoria.

La gara delle gare

In mezzo a un fiume di gente, trovo il mio piccolo (mezzo) metro quadrato davanti alla chicane del Dunlop Bridge per vedere la partenza della corsa in prima fila. In cielo ci sono sei elicotteri della televisione, il dirigibile Good Year, e gli Alpha Jet del pattuglia acrobatica ufficiale de l'Armée de l’air.

Si parte.

Alle 16 in punto la safety car rientra, e il silenzio viene squarciato da 63 auto in piena accelerazione: è una scena straordinaria.

Nessun contatto alla prima curva, e si procede a tavoletta per 24 ore filate. Al contrario di quanto si possa pensare, la 24 Ore di Le Mans non è una gara di gestione e di durata, ma una corsa sprint dove si tira come pazzi dall’inizio alla fine. C’è più gestione in una gara di Formula 1 che in questa corsa, ve lo posso garantire.

Pioggia, sole, auto in sabbia, guasti tecnici: è una gara durissima, per i piloti e per le auto.

La fortuna non ha dato una mano al Team Alpine, che ha dovuto ritirare le due A424 di Vaxivière/Lapierre/Schumacher e Milesi/Chatin/Habsburg per problemi tecnici.

La luce cala tardi a la Sarthe, verso le 10,30 di sera, e io passo il tempo a cercare una curva diversa e un'angolazione nuova dove poter osservare la corsa.

Al buio si vedono solo le luci delle auto e le fiammate degli scarichi, ma grazie alla grande varietà di propulsori dopo un po’ si riconoscono le vetture attraverso il suono del loro motore.

I V10 delle Huracan GT3, i mostruosi V8 delle Mustang e delle Cadillac, il sibilo delle turbine del V6 Alpine, e il rombo sordo e gutturale del V8 delle Aston Martin.

È una festa per le orecchie. Si cammina tanto, tantissimo, ma grazie ai maxi schermi piazzati praticamente ovunque si può sempre tenere un occhio puntato sulla corsa.

La notte del sabato poi è arricchita da feste, musica e un concerto principale. L’anno scorso suonava il Dj Bob Sinclair, quest’anno ci siamo goduti i Simple Minds, sotto una pioggia delicata ma costante che non ha spaventato per nulla la folla sotto il palco (da queste parti devono essere abituati). Tra una canzone e l’altra si possono udire chiaramente le auto sfrecciare sul rettilineo di Hunaudiéres, oltre agli elicotteri in cielo, facendovi percepire la fatica e la durata di una corsa che non si ferma, nonostante tutto.

A mezzanotte poi i fuochi d’artificio, la birra a fiumi, la discoteca all’aperto, una celebrazione in grande stile.

 

La domenica

L’alba sorge, io mi sveglio e le auto non hanno smesso di spingere. La lotta è tra Toyota e Ferrari, che dopo quasi un giorno intero di corsa sono separate da una manciata di secondi. È una guerra di nervi, di benzina, di strategia. Mi dirigo alla saletta Alpine che si affaccia sul traguardo per osservare gli ultimi minuti della gara. La Ferrari è in testa, la tensione si taglia con il coltello e la regia inquadra Antonio Fuoco e Miguel Molina in lacrime mentre il loro compagno, Nicklas Nielsen, porta la 499P sotto la bandiera a scacchi.

È una scena di tale potenza che mi scappa una risata isterica e gli occhi cominciano a brillarmi.

La folla esplode, le bandiere sventolano, la tensione scompare. Alcuni festeggiano, altri si disperano: Le Mans quest’anno ha scelto Ferrari.

È difficile descrivere questa corsa, ha un’aura davvero mistica, nutrita da più di cent’anni di storia e da personaggi mitologici. È la gara che tutti sognano di vincere, e che ogni appassionato di corse dovrebbe vivere una volta nella vita.

Cara Le Mans, hai superato ogni mia aspettativa. Grazie.