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Stories

De Tomaso Pantera: la supercar italiana "a metà"

di Francesco Neri
06-Feb-2023

I più giovani di voi magari non si ricordano della De Tomaso, un’azienda Italiana nata nel 1959 che ha prodotto vetture sportive anche molto affascinanti, ma che purtroppo per vari problemi economici non è davvero mai decollata, per poi fallire definitivamente nel 2012. Il marchio però ha prodotto dei modelli davvero validi, come la Mangusta, disegnata da Giorgetto Giugiaro, o la Pantera, fino ad arrivare alla Guarà degli anni ’90. Vediamo insieme i modelli più iconici del brand modenese.

Gli inizi

Nella 1959 la piccola officina del pilota italo-argentino Alejandro De Tomaso divenne ufficialmente una casa automobilistica grazie all’appoggio della società americana Rowan Controller Industries. De Tomaso inizialmente produsse vetture da competizione per piloti privati, soprattutto prototipi o modelli unici. Nel 1964 però decise di costruire anche delle auto stradali in pochi esemplari. La prima vetture fu la Vallelunga, la seconda vettura al mondo dotata di motore centrale (Lamborghini Miura e Lotus Europa arrivarono nel 1966) preso in prestito dalla Ford Cortina.

Il telaio monotrave in alluminio divenne una sorta di marchio per De Tomaso, mentre la carrozzeria era in fibra di vetro. Tra il 1964 e il 1967 vennero costruiti circa 60 esemplari, il suo progetto diede vita anche ad alcuni esemplari da competizione con carrozzeria barchetta.

La prima vettura GT di De Tomaso fu la Mangusta del 1966, sviluppata in collaborazione con la Ford.

La Mangusta infatti vide il passaggio da motori europei ad americani, con l’abbandono del quattro cilindri in favore di un grosso V8 montato in una leggera carrozzeria in alluminio. L’auto era disegnata da Giugiaro e, sebbene fosse meno raffinata a livello tecnico rispetto a Porsche e Lamborghini, vantava comunque il fascino e il design di una vera supercar italiana. Alla fine ne vennero prodotti circa 400 esemplari.

La Pantera

Nel 1970 De Tomaso presentò la Pantera, l’auto che rese la Casa modenese famosa a livello globale. Ford, che aveva un accordo economico con De Tomaso, rilevò le quote societarie della casa automobilistica modenese per poter vendere la vettura ad un prezzo concorrenziale, per questo però necessitava di un elevato ritmo produttivo, incompatibile con l'artigianale processo di costruzione dei telai a traliccio.

La Pantera così montò un telaio in monoscocca, un motore V8 5,8 litri Ford e una carrozzeria disegnata da Tom Tjaarda della Ghia, una carrozzeria torinese. Il motore erogava 330 Cv di potenza, messi a terra da un cambio ZF a 5 rapporti e da un differenziale autobloccante meccanico. Lo schema delle sospensioni era a triangoli sovrapposti, sia davanti che dietro.

Nel 1973 arrivò il modello Pantera GTS, dotata di una livrea bicolore con cofano verniciato in nero opaco. La potenza totale salì a 350 Cv. L’auto ebbe un discreto successo, anche grazie alla rete distributiva americana tramite la Mercury; così De Tomaso decise di proporre una nuova versione aggiornata della Pantera.

pantera II, GT5 e GT5-S

La Pantera II venne così presentata al Salone di Los Angeles del 1974, ma i tagli di Ford sulle linee produttive e negli stabilimenti Vignale costrinsero Alejandro a produrre le vetture a Modena. Il progetto non suscitò interesse e, anni dopo, il prototipo della Pantera II venne venduto a un collezionista insieme ad altri prototipi.

L’improvviso retrofront della Ford nei confronti della produzione della Pantera ebbe effetti negativi sull’azienda italiana. Il successo nelle corse automobilistiche (Gruppo 5 e Gruppo 4) però consentirono alla De Tomaso di proseguire con la produzione.
Tra il 1980 e il 1984 videro così la luce le varianti GT5 e GT5-S, dei modelli ispirati alla vetture da corsa con pneumatici maggiorati e orpelli aerodinamici in vetroresina. La prima serie della Pantera venne prodotta fino al 1993 in 7.260 unità.

La Pantera Si

Agli inizi degli anni ’90 il progetto Pantera risultava obsoleto, così De Tomaso si rivolse a Gandini per un restyling dell’auto: nacque così la Pantera Si (“esse-i”, dove la i sta per “iniezione") che indicava il passaggio all’iniezione elettronica. L’auto era decisamente più muscolosa e squadrata, con tanto di alettone e prese d’aria sotto il parabrezza.

Sotto il cofano c’era un nuovo V8 sempre della famiglia Ford (mustang) 5 litri da 225 Cv, portato a 305 Cv tramite una revisione completa di collettori, testate, valvole e pistoni.

La “Pantera" veniva considerata dai puristi come una supercar “impura” per via del motore Ford, dove i concorrenti italiani (Ferrari, Maserati e Lamborghini) potevano contare su motori fatti ”in casa”

, più raffinati e tecnologici. Tuttavia la sua semplicità e la sua facilità di elaborazione la resero un’auto a suo modo esotica e unica, nonché vittoriosa nelle competizioni.