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Stories

Mazda 787B: una leggenda di Le mans

di Francesco Neri
10-Feb-2023

La Mazda 787B è un’auto capace di far battere il cuore ad ogni appassionato. Il sound del suo motore wankel è considerato uno dei più belli e selvaggi mai esistiti, oltre che inimitabile, per via del timbro unico di quattro motori rotativi che girano all’unisono. Ma non è solo la melodia che rende unica quest’auto del Sol Levante: la 787 B è stata la prima vettura giapponese a vincere la 24 Ore di le Mans, nel 1991, conquistando di diritto un posto nell’Olimpo delle vetture da corsa. Vediamo insieme la storia di questa incredibile vettura.

La nascita della Mazda 787

La Mazda 787 B è un prototipo da corsa pensato per competere nell’allora affollatissimo campionato del mondo sport prototipi, che vedeva come partecipanti vetture leggendarie come la Peugeot 905, la Mercedes Benz C11, la Jaguar XJR-13 e la Porsche 962. Le origini della Mazda 787 però vanno ricercate nella più piccola - e sgraziata, se vogliamo - Mazda 717C (immagine qui sotto), l’auto che la Casa nipponica schierò alla 24 Ore di Le Mans nel Gruppo C Junior Formula, nel 1983.

L’auto era spinta da due rotori wankel 13B, molto vicini a quelli di produzione della vettura stradale Mazda RX-7. È con la Mazda 767 che tuttavia ci si avvicinò alla forma finale della 787B. L’auto fu costruita per correre a Le Mans nella categoria IMSA-Spec GTP e montava per la prima volta un nuovo e più grande motore composto da quattro rotori 13J wankel per un totale di 600 Cv di potenza.

L’auto non ottenne grandi risultati, e nonostante gli svariati tentativi e le evoluzioni dell’auto, la vittoria Le Mans sembrava ancora lontana. La Mazda 787 fu l’ultimo tentativo della Casa giapponese di vincere la “gara delle gare” con il motore 13J: per l’occasione sofoderò una lineup di piloti pazzesca che includeva anche Jacky Ickx. Sfortunatamente dei problemi di raffreddamento costrinsero l’auto al ritiro, così la vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 1990 andò in fumo. Nel 1991 però Mazda si presentava con un’evoluzione dell’auto dotata di un nuovo motore siglato R26: la Mazda 787B era appena nata.

Dati tecnici

Osservatela bene: la Mazda 787 B è un vero mostro.

Bassa, schiacciata, con linee dritte e semplici che la fanno sembrare una navicella spaziale, con i fari enormi e un alettone piatto. Il telaio è monoscocca in fibra carbonio mentre la carrozzeria è in kevlar e materiale plastico. Grazia a questi materiali leggeri, il peso a secco si fermava a soli 830 kg.

Il motore R26 B era un quadrirotore (quattro wankel in linea) era capace di sviluppare fino a 930 Cv di potenza. Ogni rotore ha una cilindrata di 654 cc, che diventano 2,6 litri se sommati, ma il Wankel ha una misurazione delle camere interne diverse e “convertita” la cilindrata era equivalente a quella di un motore classico a pistoni di 4,7 litri.

In gara l’auto sviluppava 700 Cv a 9.000 giri, in modo da garantire un margine di affidabilità maggiore, ma volendo “libero” arrivava anche a 10.500 giri con oltre 900 Cv di potenza. Pensate di guidare un’auto da 700 Cv e 830 kg, con un cambio manuale a 5 marce (sviluppato da Porsche), per 24 ore. Non ci riuscite? Nemmeno io.

Entrata nella leggenda

Il 22 giugno 1991, il team Mazdaspeed schierava due Mazda 787 B alla linea di partenza: una con livrea bianca e azzurra guidata da David Kennedy, Stefan Johansson e Maurizio Sandro Sala, e una verde e arancione guidata da Volker Weidler, Bertrand Gachot e Johnny Herbert. La prima delle due aveva un rapporto finale del cambio più corto che ne favoriva l’efficienza. Il motore così erogava “solo” 650 CV a 8500 giri ed era 20 km/h più lenta della seconda vettura.

Alla 24 ore di Le Mans del 1991, tuttavia, la Mazda non risultò più veloce delle rivali, ma si rivelò più affidabile.

La velocissima Mercedes C11 dio Schumacher, Kreuzpointer e Wendlinger ruppe il cambio, lasciando così respiro alla Mazda 787B numero 18. La seconda Mercedes C11, in testa per gran parte della gara, si ritirò per un problema meccanico, così Johnny Herbert prese il comando della corsa. Herbert tagliò il traguardo davanti a 200.000 persone, segnando la prima storica vittoria per un’auto giapponese a Le Mans. Il pilota era così sfinito che venne portato via in ambulanza e non salì sul podio, ma la sua fatica (e quella dei suoi compagni) ha lasciato un segno indelebile nel motorsport.